Come iniziare a scrivere? Tentativi in chiaroscuro di un apprendista stregone
Qual è il miglior modo per iniziare a scrivere, creare e comunicare?
Ciao! Benvenuto/a nel quinto appuntamento con Kaffemik!
Questa settimana ho avuto più difficoltà del solito a progettare questa newsletter. Sarà perché sono fisicamente a pezzi o per mille altri elementi invisibili. Fatto sta che scrivere cose, tra cui una newsletter settimanale, non è un qualcosa di automatico, che si partorisce in un’ora di full immersion creativa. A volte c’è bisogno di strumenti mentali ben affilati. Questa è una di quelle volte.
Quindi oggi parliamo di ciò che serve a me per iniziare a scrivere, di giorno in giorno, che magari possono tornare utili anche a te. Perché in fondo rimango fermamente convinto che la scrittura sia una delle medicine naturali più efficaci al mondo, nonostante tutto questo progresso che ci abbraccia. E quindi serve a tutti.
Partiamo!
Io scrivo da sempre. Da che ho memoria butto giù pensieri, riflessioni e storie (la prima a 12 anni riguardante la tristezza di un calciatore del Barcellona che viveva nell’ombra di Messi).
Eppure nel corso degli anni non è sempre stato facile trovare nuove idee, così come non è facile tutt’ora sintonizzarsi alla perfezione con ciò che si prova o si è provato per iniziare il processo di terapia personale che è la scrittura.
Oggi sono qui per condividere gli strumenti che mi permettono sempre di ricominciare. Quelle abitudini, idee e pozioni magiche che in qualche modo riescono sempre a farmi catapultare davanti a un foglio bianco da riempire.
1. Leggere
Insomma, niente di troppo innovativo, eppure c’è chi se ne dimentica. La lettura è sempre stato il motore della creatività, oltre al perfetto manuale di grammatica inconscia che serve a tutti, me compreso.
Capita spesso di sentirmi bloccato, senza alcuna idea apparente nella testa. Proprio in quei momenti scatta un allarme, la consapevolezza che sto deliberatamente scegliendo di non pensare a qualcosa. Allora scrivo e se non ho nulla da scrivere, la prima cosa che faccio è proprio leggere. In qualche modo si rivela essere sempre la strada migliore per arrivare a ciò che veramente mi sta passando per la testa.
E non ho in mente un tipo di lettura nello specifico. C’è chi legge articoli, newsletter come questa, libri di narrativa classica, avventure fantastiche, romance, saggi, riviste…insomma ognuno ha il suo (o i suoi) veicoli migliori per arrivare a sé stesso.
Io oggi, prima di scrivere questa newsletter (perché come detto non mi sento nella mia forma migliore), ho letto qualche articolo di colleghi preparatissimi qui su Substack, qualche capitolo delle Cronache di Narnia e una riflessione sulla vittoria della Lazio sul Genoa di ieri pomeriggio. Nulla che mi abbia portato direttamente al tema di questa newsletter, eppure sono qui.
2. Comunicare
Sì, mi rendo conto che siamo a due banalità su due. Ma anche qui, spesso c’è chi se ne scorda. Quando ci sentiamo bloccati, incapaci di comunicare con noi stessi, un altro modo efficace per sbloccarsi è proprio parlare con gli altri. Ascoltare storie, sensazioni, emozioni o anche solo ricevere e dare contatto umano, è ciò che ci rimette al mondo.
Magari la chiave per aprire quella scatola grigia ce l’ha qualcun altro. Così come tu potresti avere la sua di chiave. Aprirsi, parlare del più e del meno, ragionare su questo e quello, insomma…sbloccare inconsapevolmente la voce interiore parola dopo parola.
C’è chi parla con la mamma, con il partner, con uno psicologo o psicologa o con degli sconosciuti incontrati al bar. Non importa, non esiste uno schema prefissato, basta rimettersi in moto. Io a volte parlo con il mio gatto, fai un po’ te (e lui, che ci crediate o meno, risponde).
3. La mappa delle connessioni
Qui usciamo dalle banalità per entrare nelle semi-banalità. Questo è un metodo collaudato da me, che magari usa anche qualcun altro, ma che sicuramente nasconde il potere dietro a un particolare tipo di scrittura: la scrittura emotiva.
Non sempre, ma per un buon 80%, ciò che lega il mio modo di scrivere insieme sono le emozioni. Quando scrivo per me stesso sicuramente. Avviene anche quando parlo di altro, magari di società, di un particolare evento o di una storia che sto progettando.
Il restante 20% rappresenta tutti quei testi senza anima. Quelle scritture analitiche o imposte che purtroppo mi è capitato di generare.
Per il resto serve l’emozione. La mappa delle connessioni è un ottimo esercizio di sintesi. Consiste nello scrivere una parola dopo l’altra tra le cose che mi circondano su un foglio bianco. Una penna, il titolo di un libro, il nome del podcast che ho ascoltato 5 minuti prima, il colore del braccialetto di mia sorella, il luogo in cui mi trovo, l’ultimo pasto, il mio gatto (il mio gatto c’è sempre, fattene una ragione).
Una volta fatto questo, procedo con la scrittura di una singola parola da associare a ciascuna di quelle elencate. Dopodiché ripeto lo stesso esercizio con le nuove parole trovate e così via. Aiuta la sintesi e la ricerca. Può sembrare un esercizio fine a sé stesso, invece ha il potere di creare connessioni che magari non pensavi di poter trovare. E soprattutto scoperchia quella scatola grigia che non riesci ad aprire, arrivando a ciò che veramente hai in testa in un determinato momento.
Provare per credere.
4. Il potere nascosto dei social (da maneggiare con cautela)
Non prendiamoci in giro, i social sono un mezzo potentissimo. A me capita spesso di sparare a zero su questo e quell’utilizzo e rivendico ogni parola, ma sono il primo a farne uso.
Su Instagram, ad esempio, sono bombardato da notizie, non solo quelle “classiche” dal mondo, ma anche notizie valide solo per me, come la laurea di qualcuno che conosco, la gita di un amico, la pasta e patate di un vecchio conoscente eccetera eccetera.
E se invece di rimanere inermi sotto al bombardamento di notizie iniziassimo a usarlo proattivamente? Perché sfuggirne è complicato, non mentiamo.
Allora un paio di volte mi è capitato di raggruppare cinque o sei “notizie”, tra quelle dal mondo come lo sviluppo di un conflitto o una tragedia umanitaria, passando per quelle più di settore come il gol di un giocatore in una partita che non sapevo si fosse disputata, fino ad arrivare alle notizie non notizie di cui parlavo prima, come il compleanno del cane di un’amica.
Anche qui l’esercizio è semplice: scrivere quello che penso. Cosa mi trasmette questa notizia? Cosa provo? Come risponderei al diretto interessato di questa notizia?
E la risposta può anche essere “indifferenza”, va bene così. Non bisogna forzarsi, ma trovare la propria voce che stai dimenticando di ascoltare.
5. What if
Quest’ultima riguarda più il flusso narrativo. Mi è capitato di usare questa tecnica in momenti di blocco durante la progettazione di un romanzo.
A proposito ne sto scrivendo uno nuovo, se ti interessa mi piacerebbe parlarne.
Tornando al “What if”, si tratta di una tecnica utilissima perché non c’è bisogno di pensare troppo al contenuto, ma allena proprio la scrittura. Un po’ tipo: per imparare a nuotare la tecnica migliore è buttarsi in acqua. Inoltre, è un esercizio divertente.
Scegli una storia. Non so, magari la tua storia preferita da bambino/a o anche l’ultimo film che hai visto. Adesso cambia un elemento e riscrivila.
Esempio pratico con Harry Potter: se Sirius Black non fosse mai evaso da Azkaban? se Harry non si fosse seduto di fianco a Ron sul treno, bensì accanto a Draco Malfoy? se Hermione fosse stata la “prescelta” e non Harry?

Scegli quello che preferisci e sbizzarrisciti. Funziona. Ancora una volta, provare per credere.
📚 L’hai letto?
Parlavamo di emozioni e il modo di comunicarle. Non potevo non consigliarvi questo piccolo capolavoro.
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Mi raccomando, se sei arrivato fin qui, fammi sapere che ne pensi!
Ci sentiamo la prossima settimana con un nuovo numero di Kaffemik.
Matteo